Natalya Bondarchuk e il doloroso amore per Andrej Tarkovskij
Condivido qui un estratto (da me tradotto da questo articolo) da un'intervista a Natalya Bondarchuk riguardante la sua autobiografia intitolata Edinstvennye dni [The Only Days]. Attrice in Solaris di Andrej Tarkovskij del 1972 e poi regista, racconta dell'amore per Tarkovskij.
Attenzione: in questo brano si parla di un tentato suicidio, per fortuna senza conseguenze. Se ti trovi in difficoltà, ricordati che togliersi la vita non è mai una soluzione. Qui trovi i contatti del Telefono Amico.
"Un giorno mi disse che si sentiva come se mi avesse partorito. Che mi ama teneramente e devotamente. Come un'anima gemella: "siamo pesci dello stesso mare". Gli ricordavo sua sorella minore, Marina Tarkovskaya. E io, che ho perso i contatti con mio padre quando avevo 8 anni (il matrimonio dei genitori di Natalya Bondarchuk - il regista Sergej Bondarchuk e l'attrice Inna Makarova - si sciolse nel 1958 - ndr), avevo davvero bisogno della tutela di un uomo spiritualmente maturo, che per me era Tarkovskij. In questo senso, sul set del film Solaris, dove interpretavo Hari, ho ricevuto un forte impulso spirituale.
Quasi durante l'intero Festival di Cannes (a questo festival nel 1972 Solaris ricevette un premio speciale - ndr) non ci separammo. Anche se ho capito che, al ritorno a Mosca, la nostra storia d'amore sarebbe finita. All'aeroporto Andrej è stato accolto da sua moglie e suo figlio...
Non potevo essere solo un'amante, ero una massimalista: o tutto o niente. Andrej lo ha capito. Ma ero così abituata alla nostra esistenza insieme che quando questa connessione si interruppe, ero disperata. Mi tagliai i polsi. Ora considero questo atto terribile come un grave peccato. Ma in quel momento la disperazione era assoluta.
Inoltre, in Solaris ho interpretato Hari, una donna suicida. Ciò ha lasciato un’impronta nella mia psiche. Gli interpreti non sono liberi dai loro ruoli. Nella mia vita ho sviluppato la sindrome di Hari. Dovevo stare vicino ad Andrej, altrimenti non avrei potuto vivere. Lui lo capiva e si sentiva responsabile per me. Quando abbiamo finito il film, mi ha portato, come una ragazzina, in sala di montaggio, in studio di registrazione, dove la mia presenza non era necessaria..."
Commenti
Posta un commento