Albori del cinema horror italiano. I vampiri


Quando si dice un film fondamentale, non si può non parlare de I vampiri che, diciamolo subito, non è "un film di vampiri" ma una pellicola che, prendendo spunto dalla figura di Erzsébet Báthory, che sacrificava giovani donne per conservare la propria bellezza, unisce il genere fantastico a una trama più tipicamente poliziesca.

Girato in pochi giorni in un teatro di posa romano ma ambientato a Parigi, il film fu portato a termine da Mario Bava dopo che Riccardo Freda litigò con i produttori, i quali da una parte imponevano il rispetto dei 12 giorni assegnati alle riprese e dall'altra il canonico lieto fine. 

Mario Bava, direttore della fotografia, divenne così il regista delle scene finali, modificando anche il soggetto iniziale di Freda e Piero Regnoli, e realizzò trucchi stupefacenti: meravigliosa soprattutto la trasformazione di Gianna Maria Canale, ottenuta da Bava e da Francesco Freda solo con il trucco e con un sapiente uso delle luci. Notevole anche la scenografia di Beni Montresor.

Riccardo Freda, nel libro Divoratori di celluloide (1981), ha dichiarato: 


"L'orrore è quello radicato dentro di noi fin dalla nascita. È un terrore atavico che probabilmente risale ai primordi dell'uomo delle caverne, quando gli esseri che formavano ancora un anello di transizione fra la scimmia e i primi umanoidi si rintanavano nel profondo delle loro grotte, malamente illuminate dallo stanco bagliore di qualche focolare, mentre fuori, nel buio immenso di quelle notti senza fine, si scatenavano tempeste di violenza apocalittica («diluvio universale») ed echeggiavano spaventosi barriti e ruggiti di mastodontiche fiere".

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