Cinema PORCast. Quella villa in fondo al parco di Giuliano Carnimeo (1988)


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Oggi, per la seconda puntata di Cinema PORCast, vi voglio parlare di un vero e proprio cult trash del sottogenere fantahorror sulle mutazioni genetiche: Quella villa in fondo al parco, del 1988, diretto da Giuliano Carnimeo qui con lo pseudonimo di Anthony Ascot.

Su un’isola dei Caraibi viene trovato un corpo mutilato e la polizia ritiene che la vittima sia stata uccisa da un maniaco e poi sbranata dai topi. Sull’isola è in corso un servizio fotografico e una modella sparisce. La sorella, che non crede alla versione degli investigatori, decide di scoprire la verità coinvolgendo un amico, scrittore di gialli.

La trama è davvero esile e ruota attorno al vero responsabile degli omicidi: una creatura frutto dell’esperimento di uno scienziato che ha inoculato il seme di un ratto in una scimmia, creando un essere incredibilmente aggressivo con unghie e denti che uccidono immediatamente, provocando una leptospirosi fulminante. Peccato che, più che spaventoso, sia un mostro davvero comico e tra poco vi spiegherò perché e come è stato realizzato.  

Alla base di tutto troviamo quindi il classico scienziato pazzo tipico della letteratura e del cinema horror: radiato dal mondo accademico (proviene da Boston), crede di poter vedere riconosciuto al congresso internazionale di genetica il proprio genio grazie ai suoi folli esperimenti.

Nel corso del film le morti si moltiplicano, ma le scene davvero horror sono poche: ci sono più urla che sangue e le situazioni, prive di ritmo, non hanno la minima suspense, complice l’ambientazione tropicale che, quando le capacità non sono quelle di Lucio Fulci che ai Caraibi aveva ambientato Zombi 2, corrisponde alla classica location che non aiuta a suscitare tensione. Inoltre, le musiche di Stefano Mainetti risultano abbastanza fastidiose. 

Spiace vedere il nome di Dardano Sacchetti, autore di soggetti e di sceneggiature ben più valide, coinvolto in una cafonata simile: qui realizza la brutta sceneggiatura insieme alla moglie Elisa Briganti; entrambi sono stati collaboratori storici di Umberto Lenzi e dello stesso Fulci, tra gli altri. 

Per quanto riguarda il cast, è triste vedere David Warbeck (che aveva interpretato con esiti ben più apprezzabili L’aldilà di Fulci) e Janet Agren (che era apparsa in Paura nella città dei morti viventi, altro validissimo horror fulciano) diretti in modo davvero insulso. 

Eva Grimaldi tutto sommato in questo contesto assai scarso non offre poi una pessima interpretazione, se si eccettuano le facce “superfigose” e le mosse SECSI degne di Zoolander durante il servizio fotografico, anche se credo che il suo ruolo verrà ricordato soprattutto per la scena della doccia condita da strani gemiti.

Lo stesso titolo del film poi non c'entra assolutamente nulla con ciò che si vede sullo schermo: è un titolo fuorviante, palesemente usato per scimmiottare un altro film di Fulci ben più riuscito, Quella villa accanto al cimitero.

La regia ha un taglio piatto, quasi televisivo, e mette in evidenza la scarsità dei mezzi a disposizione: basta vedere il laboratorio dello scienziato pazzo, ma soprattutto il mostro, che è davvero una roba triste, al limite dello sfruttamento: interpretato da Nelson de la Rosa, un uomo che era affetto da una particolare forma di nanismo che lo rendeva uno dei più piccoli al mondo, e che qui ha un make-up ridicolo: indossa una specie di pigiamino e in faccia ha del lucido da scarpe, e per tutto il film ringhia e squittisce, con addosso unghie e denti fintissimi, degni delle dentiere di plastica che si trovano nei franchising del tutto a 99 centesimi.

Insomma, è chiaramente uno pseudo-slasher che potremmo definire “poveristico”, e che mostra in pieno la crisi italiana del cinema dell’orrore. La scena clou, quella che fa davvero morire dalle risate, è quella del mostro che salta fuori dal frigorifero di Eva Grimaldi; ma nel corso del film la creatura sbuca fuori anche dal water e dai quadri, saltando dappertutto. Il finale poi è davvero comico, con il mostro che si infila nella borsa dell’ignara protagonista - dopo che alla centrale di polizia un altrettanto ignaro poliziotto non si accorge della morte di una centralinista - con l’aereo che decolla tra le urla farlocchissime dei passeggeri, lasciando presagire che il terrore arriverà a squittire e a saltellare anche nel mondo civilizzato. 

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