La signora ammazzatutti. Fenomenologia della Serial Mom

L'umanità è sempre stata attratta dai fenomeni morbosi e inquietanti, e questo ben prima delle serie televisive del genere "true crime" che spopolano negli ultimi anni. Fino a non molti decenni fa la popolazione assisteva alle esecuzioni pubbliche con un misto di curiosità e di eccitazione. Già nell’Ottocento Edgar Allan Poe scriveva racconti neri partendo da fatti reali (ma l'origine di questa tendenza letteraria si fa risalire addirittura al Cinquecento), e le riviste basate su fatti di cronaca condite dagli aspetti più raccapriccianti sono in circolazione da parecchio.

La signora ammazzatutti, commedia nera scritta e diretta nel 1994 da John Waters (l'irriverente dissacratore della tranquilla borghesia statunitense, che con Pink Flamingos aveva raggiunto vette di disgustosa oscenità), parla del fascino per nulla "discreto" degli assassini. L'autore insinua tra l'altro che il film è basato su eventi reali, ma è solo una trovata collegata al tema stesso della pellicola. 


Sono anni densi di avvenimenti dal forte impatto mediatico: nel 1993 i fratelli Menendez vengono accusati dell'omicidio dei loro genitori e il loro processo diventa un fenomeno televisivo; l'anno successivo, il processo di O.J. Simpson per l'omicidio di Nicole Brown Simpson e Ron Goldman ottiene una pubblicità anche maggiore tanto che l'inseguimento precedente l'arresto di Simpson viene trasmesso in diretta televisiva durante le finali dell'NBA. 

Proprio nel 1994 Waters termina le riprese della sua Serial Mom, con la casalinga Beverly Sutphin che uccide chiunque non rispetti le regole e diventa una superstar mediatica, appoggiata in primis proprio dalla famiglia. Beverly fa anche telefonate oscene e molesta i vicini, mostrando di avere due personalità agli antipodi che però convivono in perfetta simbiosi.

Tanto lucido quanto esagerato e spietato nella sua satira, il film rappresenta alla perfezione lo stile eccentrico di John Waters che qui mette in luce in modo irresistibilmente divertente l'ossessione della società per la violenza; una tendenza oggi più che mai attuale. (Da qui occhio agli spoiler, perché è impossibile parlare del film senza anticiparne parte dei contenuti.)

Kathleen Turner, che appare perfettamente a suo agio nei panni della psicopatica, uccide davvero chiunque: la sua mamma-modello, che sembra uscita dagli anni Cinquanta, differenzia scrupolosamente la spazzatura prima di ammazzare il vicino disattento; e uccide una cliente del figlio perché non ha riavvolto il nastro della videocassetta. Ma la scena più divertente è forse quella del club dove si esibiscono le L7: Beverly entra nel locale per uccidere un ragazzo mentre gli spettatori la acclamano proprio come la star di un concerto. 


Durante il processo la figlia di Beverly, Misty (Ricki Lake, già in Grasso è bello e Cry Baby) vende il merchandising di Serial Mom ​​fuori dal tribunale mentre il fratello Chip, interpretato da Matthew Lillard (presto lo ritroveremo in Scream) prende accordi per apparire nei talk show. E Suzanne Somers, che dovrebbe interpretare Beverly Sutphin in un film per la TV, rilascia un'intervista dopo l'assoluzione della donna, lodandola come icona femminista. Memorabile l'ultima scena, nella quale si scoprirà l'ultimo omicidio di Beverly: non si indossano le scarpe bianche dopo il Labor Day!


Sarebbe impensabile non accennare ai tanti film che vengono omaggiati in questa pellicola. Prima di tutto, Chip lavora in una videoteca realmente esistita: la Video Americain di Baltimora. Nei suoi locali vediamo innumerevoli poster, ad esempio Rabid di David Cronenberg e La morte ti fa bella di Robert Zemeckis. Una delle vittime si lamenta perché i ragazzi stanno guardando Non aprite quella porta di Tobe Hooper. Un altro classico dell'horror all'interno del film è 5 corpi senza testa di William Castle, mentre quando Beverly viene chiamata a colloquio alla scuola del figlio le viene mostrato il disegno dedicato a Blood feast di Herschell Gordon Lewis, considerato il primo film splatter della storia. "Mio figlio lavora in videoteca" ribatte Beverly, ma "non c'è scusa per la morbosità", le spiega l'insegnante: ovviamente a Beverly non resta che metterci una... macchina sopra.

Curiosità. Il Baltimore Museum of Art (BMA) ha annunciato di recente cinque nuovi amministratori: uno di questi è proprio John Waters, che ha lasciato in eredità al museo 375 oggetti dalla sua collezione d'arte, esigibili alla sua morte con la clausola che l'istituto gli intitoli... i bagni (oltre a una sala a cupola). Il BMA nel 2018 ha ospitato una retrospettiva del lavoro di Waters, non solo come regista ma anche come scultore e fotografo. 

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