Cannibal Holocaust - The Vegan Inferno
Di tutto è stato detto e scritto su questo film del 1980 diretto da Ruggero Deodato, e se volete ascoltare una recensione con i fiocchi che ne scandagli ogni dettaglio ve ne consiglio un paio nella descrizione del video. Io, da umile cinefila pendolare pezzente quale sono, mi limito nella mia consueta “pillola” a darvi una panoramica generale sul film e a dirvi perché dovreste (o non dovreste) vederlo.
Alcuni giovani telereporter statunitensi, che hanno lavorato in zone di guerra, vengono pagati da un'emittente di New York per girare un documentario sulle tribù indigene dell'Amazzonia e scompaiono. L'antropologo Monroe viene incaricato di ritrovarli. Con l'aiuto di una guida locale, il professore si inoltra nella foresta, tra animali feroci e cannibali: un vero e proprio inferno in Terra, anzi un “green inferno”, come viene chiamato il filmato girato dai reporter scomparsi che l'antropologo ritrova nel corso del viaggio.
E qui troviamo una delle particolarità che ha reso celebre questo film: l'espediente del falso documentario (mockumentary). Deodato sviluppa questa geniale intuizione e ne fa il perno attorno al quale ruota tutta la sua pellicola: l'espediente verrà ripreso da The Blair Witch Project e tanti altri film a seguire.
Nel girato dei documentaristi troviamo una serie di violenze inflitte agli animali (tornerò dopo su questo punto) e soprattutto alle popolazioni indigene. E questo è l'altro punto cardine del film: la violenza. In Cannibal Holocaust vediamo stupri, evirazioni e impalamenti talmente realistici che alcuni giudici, all'uscita del film, hanno davvero creduto che si trattasse di uno snuff movie (come di fatto è per gli animali). Ma questa pellicola è ancora più estrema del filone del cannibal movie (un sottogenere nato nel 1972 con Il paese del sesso selvaggio di Umberto Lenzi cui Deodato, con la sua trilogia dei cannibali - gli altri titoli sono Ultimo mondo cannibale e Inferno in diretta - sicuramente appartiene).
Con la scusa di una filosofia che ritengo davvero ipocrita (la tesi che i veri cannibali sarebbero i reporter che incendiano il villaggio solo per riprendere la disperazione degli indigeni, e chi al network vuole sfruttare la pellicola girata dai documentaristi, ormai morti, solo per fare il boom degli ascolti), Cannibal Holocaust non è solo uno dei film più censurati della storia del cinema ma anche uno di quelli che ha avuto più cause giudiziarie. E questo sia per le uccisioni reali degli animali, con la scusa di voler ottenere il massimo realismo (vengono uccise due scimmie perché la prima scena secondo Deodato non andava bene) e che si trattava comunque di animali che poi venivano mangiati, sia perché, per garantire un maggiore mistero attorno al film, Deodato aveva fatto firmare agli attori un contratto che li impegnava a non farsi vedere in giro per un anno, per dare l'impressione che fossero morti sul serio. A tale proposito, va detto che Deodato non è il primo che fa sembrare vera la vicenda narrata: ad esempio già in Non aprite quella porta la scena iniziale della composizione dei cadaveri profanati al cimitero, con il notiziario in sottofondo e le successive info introduttive, lasciavano insinuare il dubbio.
In sintesi: se non lo avete mai visto e siete appassionati di horror, DOVETE vedere Cannibal Holocaust, anche per le musiche di Riz Ortolani. Se siete animalisti (e qui il titolo della mia recensione), vi incazzerete di brutto e andrete a cercare Deodato sotto casa. Sappiatelo.
P.S. Sì, “Monsieur Cannibal” Deodato è lo stesso de I ragazzi del muretto!
Qui trovate il mio videocommento. Enjoy!
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