10 Cloverfield Lane e il bunker: trappola o rifugio?

Oggi voglio parlare di un film recente, che mi è piaciuto un sacco. Si tratta di una pellicola altamente paranoica con poca azione e molti sospetti, tutta concentrata su poche caratteristiche essenziali e sulla credibilità dei tre interpreti: 10 Cloverfield Lane.

Prima di tutto, perché Cloverfield? Che cosa c’entra? Il film del 2016 viene proposto come “consanguineo” di Cloverfield, o suo sequel “spirituale” o “ideale”. 

Cloverfield del 2008 ve lo ricordate? A molti non è piaciuto, perché diretto nello stile del video ritrovato, con una videocamera a mano che segue i protagonisti e che dà spesso “il mal di mare”. Io rientro tra quelli che lo reputano una genialata, non solo per l’idea stessa del film, ma anche per il marketing virale che lo ha circondato, con tanto di siti dedicati al mostro Clover e alla Tagruato, immaginaria società giapponese citata nella pellicola. 

Ma torniamo a 10 Cloverfield Lane: è diretto da Dan Trachtenberg, al suo primo lungometraggio. Nello stesso anno è anche regista di un bell’episodio di Black Mirror, intitolato Giochi pericolosi; il produttore è lo stesso di Cloverfield: J.J. Abrams, e tra gli sceneggiatori troviamo nientemeno che Damien Chazelle. 

Perché si tratta di un altro film geniale? Perché per buona parte della pellicola abbiamo a che fare con un thriller paranoico e claustrofobico, che potrebbe benissimo essere uno spettacolo teatrale, interpretato da soli tre personaggi rinchiusi in un bunker. 

La tensione non è del tutto crescente fino alla parte immediatamente precedente il finale: fino ad allora si alternano momenti di puro panico (a partire dall’incidente stradale della protagonista Mary Elizabeth Winstead) ad altri di sottile sospetto in bilico tra il dramma e il thriller. 

La Winstead, a piedi nudi per quasi tutto il film, interpreta la parte di una ragazza determinata, che lascia il fidanzato con il proposito di cambiare vita e finisce sequestrata da quello che sembra (ma lo sarà davvero?) un maniaco paranoico, per poi agire da vera e propria eroina. Il convincente John Goodman qui offre una delle sue interpretazioni migliori: indecifrabile e rabbioso, sempre sul punto di esplodere, e quando questo accade fa davvero paura. Il terzo è John Gallagher Jr., ambiguo quanto basta. 

Fin qui abbiamo visto un film che richiama il clima della guerra fredda e la paura dell’altro che va lasciato fuori perché l’aria è infetta: ma ne siamo sicuri? Poi, nel finale, scopriremo se lo psicopatico Goodman aveva ragione o meno a voler stare rinchiuso in un bunker. 

Negli ultimi minuti, la fantascienza irrompe in quello che è un palese omaggio al cinema di genere degli anni Cinquanta e ci regala uno dei film meglio riusciti degli ultimi anni.

Qui trovate il mio videocommento.




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