Cinema in apnea: Barry Lyndon


Nel 1975, Ryan O'Neal interpreta questo straordinario antieroe settecentesco che raggiunge la sua affermazione personale grazie a sotterfugi e opportunismo, decretando allo stesso modo la propria rovina.


Dieci mesi di riprese per quattro Oscar vinti: miglior colonna sonora, miglior fotografia, miglior scenografia e migliori costumi. Eppure, questa pellicola stenta ancora a raggiungere la fama di altri film di Stanley KubrickPer me, Barry Lyndon è il suo capolavoro. Tre ore sono troppe? Per nulla. In una delle poche interviste dedicate alla pellicola, Kubrick spiegò anzi che, tra i lavori di William Makepeace Thackeray, scartò La fiera delle vanità proprio perché non poteva comprimerlo in un film. 

Barry Lyndon non potrebbe essere più breve: le sue lente inquadrature (modellate sui capolavori della storia dell'arte), senza dialoghi ma colme di musica e che ricordano talvolta il cinema muto, sono senza eguali. 


Il commento rovina l'effetto sorpresa? Per nulla. Ciò che conta in questo film, come spiegò lo stesso Kubrick, "non è ciò che accade ma come accade". Per questo è stato tanto importante girare con la sola luce naturale: è con quella che noi abitualmente vediamo la realtà. L'utilizzo massiccio di candele sul set provocava frequente mancanza di ossigeno, pertanto gli attori dovevano spesso ricorrere a inalazioni. Per riuscire a girare il film che aveva in mente, Kubrick utilizzò delle lenti che erano state commissionate alla Zeiss dalla NASA.


Commenti

Post più popolari