L'uomo che uccise Don Chisciotte, di Terry Gilliam

Parlerò subito di alcune cose che mi hanno incuriosito: ad esempio il fatto che il protagonista si chiami quasi come lo sceneggiatore, che ha tra l'altro accompagnato Terry Gilliam in questi anni fin da Paura e delirio a Las Vegas e ha collaborato con lui anche dalla prima stesura di quell’infinito tormento che è questo film su Don Chisciotte che finalmente ha potuto vedere la luce dopo quasi 30 anni di gestazione potremmo dire elefantiaca.

Il personaggio interpretato da Adam Driver è quasi omonimo dello sceneggiatore: il suo Toby Grisoni è praticamente Tony Grisoni.

Con il casting è stato fatto un lavoro davvero eccezionale, perché è stato scelto un protagonista, Adam Driver appunto, che ha una faccia da schiaffi, una faccia molto particolare, ideale per interpretare il regista che all’inizio è un po' montato, viziato, con l'assistente che gli fa i massaggi e fa anche molto ridere. Poi c'è una scenetta di spupazzamento con la moglie del capo, interpretata dalla bellissima Olga Kurylenko, che fa sbellicare dalle risate.

Ma come sempre accade nei film di Gilliam (e penso a uno dei miei suoi film preferiti, che è La leggenda del re pescatore), al divertimento si associa la riflessione; e qui tra l'altro abbiamo davvero tanti spunti di riflessione, come dicevano Marco e Barbara.

La storia del protagonista di questo film rispecchia la storia dello stesso Gilliam che ci mette 30 anni prima di riuscire a realizzare il film che vuole fare su Don Chisciotte. In questi 30 anni Gilliam ha visto passare davanti a sé tanti protagonisti diversi, infatti alla fine c'è una dedica ad alcuni di questi attori che nel frattempo sono venuti a mancare.

E poi ci sono le riflessioni sull'Islam e c'è anche una velata critica al #metoo. Infatti qualche anno fa proprio in occasione dell'uscita del film mi ricordo che Gilliam era stato accusato da alcune attrici, Ellen Barkin ad esempio, che l'aveva apertamente criticato per le sue posizioni.

Poi ci sono veramente tanti altri spunti, ad esempio l'impatto che una produzione cinematografica può avere su una comunità locale così piccola. Perché andando a rivivere tutto quello che si era lasciato dietro 10 anni prima con il suo primo film, Grisoni scopre appunto di aver lasciato dietro di sé delle macerie: la ragazza aveva inseguito i propri sogni finendo in giri poco piacevoli, mentre Javier era completamente uscito di senno.

Ma la scoperta di aver lasciato dietro di sé tante macerie, come diceva Marco, permette al protagonista di diventare una persona migliore. E qui c'è un fortissimo messaggio del film: che la vita è migliore quando riusciamo a far uscire tutta la follia che abbiamo dentro, una follia che diventa anche estremamente creativa, che diventa forza creatrice; una follia che può diventare un'illuminazione e farci diventare persone migliori.

Il protagonista da cinico frustrato egoista si accorge maggiormente di quello che gli accade attorno e di avere un impatto sulle persone che lo circondano, prende consapevolezza di quello che vogliono dire le proprie azioni e quindi sa valutare anche le conseguenze.

L’uomo che uccise Don Chisciotte è un film che davvero permette tantissimi spunti di riflessione e ci fa amare ancora di più il cinema, perché ovviamente è uno specchio su se stesso e anche noi probabilmente guardandolo alla fine scopriamo qualcosa di più su di noi; e in questo senso lo trovo anche un po' spaventoso…

Guardandolo mi sono immaginata nei panni del Don Chisciotte che rivive continuamente. Forse anche Leopardi avrebbe detto qualcosa di simile, cioè che guardare questo film, se si ama il cinema e la letteratura da cui è stato ispirato, ci fa perdere nella magia ma allo stesso tempo nella paura di questa follia che è la creatività. Insieme a quello che è un inno al coinvolgimento nell’arte è come se ci fosse un campanello d'allarme che ci dice di fare attenzione perché ogni cosa può avere conseguenze, quindi occorre cercare di mantenere un po' di razionalità nella follia.

Anch'io ho trovato il film poco facile da seguire, ma questo per me non è un difetto e comunque non è neanche così impossibile: alla fine il il messaggio è molto chiaro e la trama, anzi le trame ci sono; così come ci sono tanti spunti di riflessione, tante chiavi di lettura. Quindi secondo me è un film che comunque va visto, soprattutto se si ama il cinema.

(...)

Non solo Adam Driver secondo me è proprio una scelta azzeccata, ma anche quella di tutto il cast: Jonathan Pryce e in generale anche di tutti i comprimari sono molto bravi. Quindi tutto sommato questi 30 anni hanno fruttato un ottimo risultato.

Come sempre, la chiacchierata integrale è su YouTube:



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