Saint Maud. Conversazioni metafisiche

Saint Maud è un film inglese presentato come horror e almeno dal punto di vista psicologico sicuramente lo è, anche se è un horror molto introspettivo: in realtà travalica molto il genere. Questo film non ha neanche la necessità di seguire un ritmo vero e proprio e nemmeno ha un vero crescendo, a parte nella parte finale dove oggettivamente c'è una sequenza di scene che possono condurre a un climax, e la scena finale in particolare, che non voglio spoilerare; però non si tratta di un film con un ritmo costante o incalzante, quindi se cercate un film d'azione, un film che “corre”, questo non fa per voi.

Saint Maud è il debutto alla scrittura e alla regia - almeno per quanto riguarda i lungometraggi - di Rose Glass ed è un film tutto al femminile. Maud è una giovane infermiera che dopo aver lasciato il lavoro in ospedale si occupa della cura di malati degenti a casa loro. Questa ragazza ha una grande fede e veste in modo talmente semplice e rigoroso, senza trucco, senza avere una vita sociale, che sembra quasi una suora. Maud in questa sua fede, in questa sua ossessione religiosa è molto estrema, tanto che si convince addirittura di sentire Dio e vuole salvare l'anima di Amanda, questa donna che lei cura che è una ex ballerina malata di cancro che continua ad avere una grande vitalità e soprattutto un grande sarcasmo. Amanda arriva a umiliare Maud e la caccia di casa dopo che la ragazza ha una reazione violenta a una situazione umiliante che di fatto le è stata tesa da Amanda un po' come una trappola.

In quel momento la ragazza ha una crisi enorme e si rivolge a Dio, chiedendogli espressamente che le mostri la strada. E qui vediamo che cosa significa questo film: perché Maud è completamente perduta, si abbandona all'alcool e ai rapporti occasionali e capiamo anche che non si tratta della prima volta, che è già successo in passato. Maud si procura anche delle ferite. Dall'incontro fortuito con una sua ex collega e dalle poche battute che si scambiano capiamo che Maud è sempre stata emarginata. Addirittura un uomo orribile che si approfitta della sua instabilità la chiama “la svitata”: “Ah, ma tu sei quella tutta svitata che fa queste cose…”

Però in realtà in questo film vediamo che Maud non è la sola vittima di questa profonda e immensa solitudine: è sola anche Amanda, che vive con una parrucca in mezzo ai cimeli di una vita passata ma che per tenersi la sua giovane amante deve pagarla. Quindi la solitudine è secondo me il punto focale di questo film; e anche la sensazione di essere allo sbando, senza punti di riferimento.

Un grande pregio di questo film è che grazie alla scrittura, alla regia e ovviamente alle interpretazioni, per tutto il tempo ci chiediamo se Maud è pazza, se le sue sono solo allucinazioni o se davvero c'è una presenza soprannaturale attorno a lei. E poi arriviamo verso questo finale: la scena con Amanda è qualcosa di spaventoso. E capiamo che il diavolo è tutto concentrato lì: in quella casa buia, in quella casa solitaria, nel letto di dolore per una fine che si avvicina; in quelle stampe che celebrano una fortuna e una salute che ormai sono passate. Il diavolo è lì, nella bellezza che appassisce, nel corpo che cede alla malattia e al dolore; ed è anche nelle persone senza scrupoli che si approfittano delle nostre insicurezze. In questo le due donne sono accomunate, perché tutte e due hanno poche persone che stanno accanto a loro e sono persone senza scrupoli.

Finisco con un appunto: quali altri film mi sono venuti in mente guardando Saint Maud. Prima di tutto, Thelma: perché come già avevamo visto in quel film, anche in questo caso la vera presenza demoniaca potrebbe essere quella della fede portata all'eccesso. Inoltre il delirio mistico di Maud mi ricorda quello della madre di Carrie lo sguardo di Satana e la ragazza ovviamente ricorda anche molto la stessa Carrie. Per finire, un ultimo film che mi è venuto in mente è Stigmate del 1999 con Patricia Arquette, perché in quel caso avevamo dei segni divini che assomigliano molto agli stessi messaggi demoniaci. Per quanto riguarda il finale ho letto una curiosità: la voce di Dio che si sente sono frasi recitate in gallese e la voce è quella della stessa attrice protagonista, ovviamente sottoposta a degli effetti per risultare particolarmente cupa e cavernosa.

(...)

Mi piace molto il parallelo di Marco con L’esorcista perché effettivamente in questo film le citazioni sono moltissime, ci sono parecchie delle caratteristiche classiche dell’horror ma non solo: come ha sottolineato Barbara è riduttivo chiamarlo horror, c’è un travalicamento dei generi. Sicuramente fa parte degli “horror psicologici moderni”, per così dire, che abbiamo trovato spesso nelle nostre chiacchierate, ma ci ho visto anche molto altro. Non dico una lezione di cinema, ma un grande amore per il cinema che è venuto prima da parte dell’autrice del film: non so quanti anni abbia Rose Glass ma si vede che ha studiato e che sa dove andare a parare per creare "l’effetto disagio", come lo chiamava Barbara.

Su YouTube la conversazione integrale:



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