È stata la mano di Dio, di Paolo Sorrentino (2021). Chiacchierata con Marco e Barbara

"Non ti disunire": il momento di Capuano è quello che preferisco del film, il più divertente e che rompe con gli stereotipi, grazie anche alla natura stessa della scena che vede il regista interrompere un'attrice che recita in modo talmente forzato da sembrare ridicola.

Tuttavia, per gran parte della pellicola mi sono chiesta: e Sorrentino, che c'ha da dire?

Le immagini di Napoli sono senza dubbio sensazionali e i personaggi grotteschi tipici di Sorrentino qui non disturbano eccessivamente la narrazione; per il resto, lo trovo un film piacevole ma mediocre.

Non capisco le recensioni che gridano al capolavoro e che parlano della grandezza di una pellicola che "finalmente va oltre gli stereotipi": il film è proprio una sequela interminabile di stereotipi, non sono quelli legati al calcio e all'arrivo di Maradona con il suo famoso goal.

Il calcio nel film resta sempre sullo sfondo e viene utilizzato come stratagemma per raccontare la storia del giovane protagonista, alter ego di Sorrentino alla sua età (l'interprete, Filippo Scotti, è davvero bravissimo).

Quindi, che c'ha da dire Sorrentino? L'irrompere di Capuano sembra finalmente voler dire qualcosa, ma in fondo non è che la conversazione sia particolarmente rivelatrice; il personaggio (interpretato da Ciro Capano) alza però la media del film.

Mi è piaciuta molto Luisa Ranieri, in una parte coraggiosa; mentre avrei approfondito maggiormente alcune parti macchiettistiche, ho apprezzato che Toni Servillo non abbia "strafatto" come al solito.

(...)

Beninteso, il film è tecnicamente ineccepibile anche secondo me: la regia di Sorrentino si conferma ad alti livelli e così la sua abilità nel dirigere gli attori, comprimari compresi. Tuttavia, nonostante sia un'opera personale che punta molto sulla nostalgia, trovo che manchi di sostanza.

Si tratta di un film che per la metà del tempo sembra uno spot dell'ente turismo campano; tuttavia si riesce, almeno in parte, a partecipare emotivamente grazie all'interpretazione di Scotti e alla capacità di Sorrentino di tratteggiare in modo realistico, sia pure nelle sue bizzarrie, la vita di un adolescente che negli anni Ottanta si trova alle prese con le vicende quotidiane, con i traumi e con la scoperta del sesso (questa è una scena tra le più interessanti del film).

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