Finché morte non ci separi. Una commedia horror (poco) romantica

Il matrimonio tra l'horror e la commedia nera: nulla di nuovo sotto il sole, visto che almeno fin dai tempi di La Casa (Evil Dead) se ne trovano numerosi esempi.

Finché morte non ci separi (Ready or not, 2019), diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (che avevano già collaborato per V/H/S e avevano poi diretto insieme La stirpe del male), con la spiritosa sceneggiatura di Guy Busick e R. Christopher Murphy, non ha le velleità sociopolitiche dei film di Jordan Peele ma mette in scena la più palese delle ribellioni a quelli che vengono considerati i pilastri della società convenzionale: il matrimonio, la famiglia, la ricchezza legata alla mancanza di scrupoli; un po' come avveniva in Society di Brian Yuzna, anche in quel caso con un finale decisamente splatter.

Protagonista del film è Grace (Samara Weaving), una giovane che ha vissuto la propria infanzia con una famiglia affidataria, che si sposa con Alex (Mark O'Brien). Il marito è il rampollo della dinastia Le Domas, che ha fatto fortuna da generazioni grazie alla realizzazione di giochi da tavolo e alla gestione di squadre sportive. 


Grace teme di non piacere alla famiglia del marito e all'inizio del film condividiamo le sue ansie, sospettando da subito che il novello sposo non le stia raccontando tutta la verità sulla propria dinastia: un tema comune alle pellicole che parlano di drammi familiari e alle commedie che parlano di difficili rapporti con i suoceri (Ti presento i miei, tanto per citarne una).

Dopo il matrimonio, la famiglia si riunisce nella sfarzosa magione per festeggiare gli sposi. Prima di dormire, a Grace viene chiesto di prendere parte a un'importante tradizione che ogni nuovo membro deve rispettare: scegliere un gioco e partecipare con tutta la famiglia. Il suocero di Grace, Tony (Henry Czerny), narra alla ragazza la storia della loro stirpe, sottolineando il ruolo del benefattore Lebel.

Tra le altre persone presenti troviamo il fratello alcolizzato di Alex, Daniel (Adam Brody) e la madre Becky (Andie MacDowell, che sul set ha ricevuto davvero delle... botte da orbi da Weaving). Grace estrae il gioco del nascondino, ignara che si tratta di una versione che prevede la caccia alla sposa per ucciderla prima dell’alba...
 
Samara Weaving (già apprezzata nel divertente La babysitter e protagonista del video Attention di Charlie Puth che non inserisco tra i videocapolavori perché non incontra i miei gusti musicali), lungi dall'essere la "solita bella urlante", è molto più di una semplice scream queen e la sua interpretazione grintosa la mette in una posizione che va oltre il concetto di final girl: diventa una sorta di incrocio tra Terminator in abito da sposa e sneakers (un probabile omaggio alla figura di Geena Davis in Beetlejuice) e Ellen Ripley (ma senza gatto).

Il ritmo è sostenuto e il montaggio serrato. La colonna sonora unisce le due anime del film: quella elegante e facoltosa "di facciata" (la musica classica) e quella più pulp, scanzonata e rumorosa (i brani rock). L'atmosfera da giallo d'altri tempi, coadiuvata da una scenografia elegantissima, fa il resto. Il finale, non così scontato, è un tripudio di sangue. 

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