Non prendete quel metrò (Death Line). Gary Sherman e la denuncia sociale

Film horror con famiglie di cannibali? Prima di Non aprite quella porta di Tobe Hooper (1974), molto prima di Le colline hanno gli occhi di Wes Craven (1977), ne troviamo traccia nel cinema britannico; ma mentre A cena con la signora omicidi (Terror house del 1972, diretto da Bud Townsend) è una commedia thriller con un tocco horror, il contemporaneo Non prendete quel metrò (Death Line, intitolato Raw Meat nella sforbiciata edizione statunitense) di Gary Sherman è un horror a tutti gli effetti, pur prendendo elementi dal genere poliziesco, dal thriller e aggiungendoci la satira sociale. 



Tornando a casa a tarda notte, la giovane Patricia (Sharon Gurney) e il fidanzato Alex (David Ladd) trovano un distinto uomo privo di sensi riverso sulle scale della metropolitana di Russell Square. Controllando i suoi documenti, ne scoprono l'identità: James Manfred. Pat vorrebbe aiutarlo, ma Alex vuole andarsene. Alla fine il ragazzo avverte le autorità, ma nel frattempo Manfred è sparito nel nulla. 

Lo status dell'uomo scomparso mette sull'attenti l'ispettore di Scotland Yard Calhoun (Donald Pleasence) e il sergente investigativo Rogers (Norman Rossington), che indagando sul caso scoprono che Manfred è l'ultima vittima di una serie di sparizioni in quella stazione.

L'ispettore Richardson (Clive Swift) racconta a Calhoun e Rogers la storia della metropolitana, citando anche una leggenda secondo la quale il crollo di un tunnel nel 1892, durante i lavori di costruzione, avrebbe ucciso molti lavoratori, lasciandone in vita alcuni discendenti che sarebbero sopravvissuti grazie al cannibalismo.

E qui parte una carrellata di ben sette minuti che ci mostra una stanza buia, un topo che rosicchia un arto, più cadaveri in varie fasi di decomposizione, un Manfred catatonico o probabilmente già morto, e di nuovo il topo. L'unico suono è quello dell'acqua che gocciola, il che rende la scena ancora più agghiacciante. In un tunnel vicino, vediamo un mucchio di macerie e di teschi.

Ecco dunque il vero orrore del film: il clan di cannibali è ora ridotto a una coppia evidentemente malata, ricoperta di piaghe e di bubboni. Nel disperato tentativo di salvare la sua compagna morente che aspetta un bambino, l'uomo (Hugh Armstrong) si avventura nella stazione in cerca di vittime.

Nel frattempo, Calhoun e Rogers scoprono nell'appartamento di Manfred i suoi piccanti gusti sessuali, ma l'agente dell'MI5* Stratton-Villiers (Christopher Lee) convince i colleghi della polizia ad abbandonare quella pista. 

Così, tra il poliziesco e l'horror, torniamo nuovamente a una situazione inattesa: il cannibale rapisce Pat e Alex si mette alla sua ricerca. L'uomo non vuole solo cibarsi della ragazza, anzi probabilmente vorrebbe farne la sua nuova compagna...

La storia (anche se la storiografia recente tende a relegarla a leggenda) dalla quale sono state tratte le varie produzioni cinematografiche a tema riguarda la famiglia di cannibali scozzesi capitanata da Sawney Bean, che nel XVI secolo avrebbe ucciso oltre mille persone.

I racconti dell'ispettore Richardson sui crolli e sui lavoratori abbandonati non sono tanto lontani dalla realtà. La costruzione della Metropolitan Railway (prima ferrovia sotterranea del mondo, in seguito diventata la metropolitana che conosciamo) iniziò nel 1860 grazie a un esercito di uomini (tra i quali numerosi immigrati irlandesi e scozzesi) che scavava trincee con pale e vanghe in un ambiente claustrofobico e caldissimo: le trivelle sarebbero arrivate solo trent'anni più tardi, per le linee di profondità. Eppure, alcune foto d'epoca mostrano gli operai con tanto di camicia e di giacca. All'epoca gli infortuni sul lavoro erano molto comuni e non esisteva il servizio sanitario. I crolli e i ferimenti erano frequenti e le vite degli operai erano sacrificabili: anche se qualcuno moriva, c'erano sempre altre persone disponibili a fare quel lavoro. 

Insomma, il film parte da una premessa decisamente fantasiosa e forzata, ma dà anche modo di riflettere sulle condizioni lavorative in epoca vittoriana. La denuncia sociale di Sherman è abbastanza palese dal momento che la prima vittima del cannibale è proprio un importante (e licenzioso) funzionario pubblico, rappresentante della classe dirigente che ha lasciato l'antenato del "mostro" (che non ha mai perso la propria umanità ma uccide per sopravvivere, e commemora i propri defunti) al proprio destino.

Gary Sherman (autore del soggetto oltre che regista) è qui al suo esordio; più tardi si cimenterà con Morti e sepolti (Dead and buried) e soprattutto con il famigerato Poltergeist III.

David Ladd, figlio d'arte, dopo una lunga carriera giovanile come attore soprattutto televisivo passerà alla produzione con Il serpente e l'arcobaleno di Wes Craven (1988). Bellissima Sharon Gurney (nota per Donne in amore, The corpse e poco altro), che interpreta, anche nel taglio di capelli, una ragazza inglese moderna e determinata. Christopher Lee appare in un divertente cameo di pochi minuti e il suo Stratton-Villiers in un paio di battute surclassa l'ispettore. (Curiosità: a causa della differenza di altezza tra Lee e Pleasence, i due appaiono nella stessa ripresa solo dopo che Lee si è seduto.) 

Donald Pleasence è perfetto nei panni di Calhoun, fissato con il tè, che continua a seguire il caso nonostante tutto. La sua scena da ubriaco potrebbe essere stata improvvisata: Pleasence, a detta di tutti, era una persona affabile e un simpatico burlone. 

Hugh Armstrong è il cannibale in grado di dire solo "Mind the doors", modulando queste parole con varie sfumature emozionali per indicare rabbia e dolore: una performance sorprendente, tanto da suscitare empatia e commozione nello spettatore. Così il simpatico Calhoun, quando entra nella tana dell'uomo, diventa consapevole delle condizioni di vita del cannibale e dei suoi antenati.

Coloratissimi i titoli di testa, mentre la fotografia di Alex Thomson esalta il senso di claustrofobia. Notevole la colonna sonora di Wil Malone (musicista e produttore di fama mondiale) e di Jeremy Rose che spazia tra temi sexy e lugubri e musica elettronica. 

Come spesso accade, non si tratta di un capolavoro né di un film esente da difetti: il ritmo e l'equilibrio tra i vari elementi non sono sempre ben calibrati, ma Non prendete quel metrò è senza dubbio un film importante. Mimic di Guillermo del Toro (1997) gli deve molto, così come Creep - Il chirurgo di Christopher Smith del 2004. E a me il cannibale ricorda parecchio quello interpretato da George Eastman in Antropophagus del nostro Joe D'Amato (1980).

*l'ente britannico per la sicurezza e il controspionaggio

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