Ragnatela di morte (Sole survivor): quando la regia è piatta ma il film... ti prende


Denise (Anita Skinner) è l'unica sopravvissuta a un incidente aereo e inizia ad avere strane visioni. La ragazza viene messa sull'attenti dalla sensitiva Carla (Caren Larkey), che ha avuto una premonizione dell'accaduto. Denise inizia a vedersi circondata da persone morte che cercano di ucciderla, mentre anche chi le sta accanto inizia a morire. Il suo ragazzo, che è anche il medico dell'ospedale, le spiega che si tratta della "sindrome del sopravvissuto" che consiste nel provare senso di colpa e che può portare al suicidio o a mettersi in situazioni pericolose. Denise si convince che la morte stia facendo tornare in vita le persone per ucciderla, chiudendo così il cerchio.

Sole survivor del 1984 (uscito al cinema con una distribuzione limitata e poi riversato sul mercato video, in Italia col titolo Ragnatela di morte con un doppiaggio che non è tra i migliori) risulta essere il film d'esordio alla scrittura e alla regia di Thom Eberhardt, che poco dopo girerà La notte della cometa.

Dico subito che si tratta di un film ingenuo, sia nella scrittura (a iniziare dall'inutilità delle forze dell'ordine e del personale sanitario e dall'atteggiamento della protagonista che cerca subito di sedurre il dottore) sia nella regia quasi sempre a livello televisivo, che si accompagna a un ritmo traballante, con scene riempitive tra le quali l'immancabile partita a strip poker. 

Nonostante gli evidenti difetti, la storia contiene spunti che ritroveremo spesso in film successivi. Eberhardt trae palesemente ispirazione da Carnival of souls (e in questo è in affollata compagnia) e da Survivor - L'aereo maledetto (uno dei pochi film diretti da David Hemmings), riuscendo però a realizzare un prodotto originale che a sua volta sembra aver dato qualche suggerimento utile alla saga di Final destination e, per il modo in cui sono caratterizzati i ritornanti che perseguitano la protagonista, a It follows.

La fissità dei non morti di Sole survivor sembra essersi a sua volta ispirata a quella degli zombi di Lucio Fulci, e in modo particolare a quelli di Paura nella città dei morti viventi, così come lascia supporre anche lo spunto iniziale della premonizione della sensitiva e il finale inaspettato, pure molto fulciano. Alcune scene emergono dalla qualità complessiva non eccelsa, regalando momenti di alta tensione e grande inquietudine. Inoltre, in lingua originale il film rende decisamente meglio che doppiato.

In definitiva, si tratta di una pellicola che secondo me merita una visione.

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