Storia di un matrimonio di Noah Baumbach
"La gente non accetta le madri che bevono troppo, sgridano i figli e li chiamano stronzi. (...) I padri imperfetti sono accettati. Ammettiamolo, l'idea di un buon padre è stata inventata trent'anni fa. Prima, era normale che i padri fossero silenziosi, assenti, inaffidabili ed egoisti. Diciamo a tutti di volerli diversi... ma alla fine è comunque accettato. Li adoriamo per le loro fallibilità, ma la società non accetta affatto gli stessi difetti in una madre. Non li accetta né strutturalmente né spiritualmente. Perché alla base della nostra storia giudeo-cristiana c'è Maria, Madre di Gesù, e lei è perfetta. È una vergine che partorisce! Appoggia il figlio con risolutezza e ne regge il cadavere quando non c'è più. E il padre non c'è. Non l'ha neanche scopata. Dio è in cielo. Dio è il padre e non si è nemmeno fatto vivo. Quindi tu devi essere perfetta, ma Charlie può fare cazzate e non importa. Su di te graveranno sempre aspettative maggiori. È una merda. Ma è così." Nora Fenshaw
In Storia di un matrimonio, prodotto Netflix del 2019 presentato in concorso a Venezia 76, Noah Baumbach racconta la fine del matrimonio tra l'acclamato regista teatrale Charlie Barber (Adam Driver) e l’attrice Nicole (Scarlett Johansson), che hanno un figlio di 6 anni e abitano a New York.
Nei primi minuti scopriamo alcune caratteristiche che Charlie ama di Nicole e viceversa: un vano tentativo, pensato dal terapeuta di coppia, di rendere più dolce il processo di separazione. In seguito il film si concentra sul presente, seguendo passo passo le fasi del divorzio; ma la narrazione è disseminata da dettagli che evidenziano l'affetto che continua a esistere tra di loro, benché ormai consumato.
In un primo momento, Charlie e Nicole cercano di gestire la separazione senza coinvolgere gli avvocati, ma quando lei decide di tornare nella nativa Los Angeles per lavoro e porta con sé Henry, incontra l'avvocata* divorzista Nora Fanshaw (Laura Dern) e da allora la realtà si rivela, complice la regia che inizialmente vede Nicole relegata nell'inquadratura per poi alzarsi e camminare per la stanza di Nora fino a dominare la scena.
Il racconto assume una piega aspra e a tratti cupa, rivelando che Nicole ha rinunciato alla carriera a Hollywood per trasferirsi a New York e recitare nelle commedie del marito, per poi diventarne sempre più l'ombra, soprattutto dopo la nascita di Henry.
Charlie, a sua volta, per ottenere l’affidamento del figlio è costretto a fare la spola con Los Angeles e dapprima si affida a un avvocato vecchio stampo (Alan Alda) e poi al più aggressivo Ray Liotta.
Lo psicanalista iniziale viene pertanto sostituito dai legali che diventano depositari dei segreti (in realtà decisamente comuni) della coppia, peccati che vengono sfoggiati (e sfruttati) in aula in una lotta feroce: il film si fissa quindi su come la familiarità generi disprezzo, veleggiando tra dramma, melodramma e pellicola legale.
Charlie è così mite che il comportamento di Nicole appare ingiusto e vendicativo; ma capiamo anche che l'uomo ha caratteri di narcisismo con la mania del controllo, ed è incapace di ascoltare chiunque. Lei, d'altra parte, è talmente smaniosa di uscire dall’ombra di Charlie da apparire eccessivamente egocentrica. Nicole spiega di aver capito fin dal principio la natura di lui, ma di aver accettato tutto: il perché è perfettamente spiegato in poche, semplici, magiche, taglienti, strazianti parole alla fine del film.
C'è una scena, in particolare, poco prima della fine della pellicola, nella quale la ormai ex coppia ha una furiosa discussione e a Charlie cade, letteralmente, la maschera dei rapporti civili; e qui di nuovo la regia, coadiuvata dall'ottima fotografia di Robbie Ryan, è abile a creare un'atmosfera di violenza che incombe. Proprio in questa sequenza, ambientata nel nuovo appartamento dell'uomo a Los Angeles, Charlie rinfaccia a Nicole di aver rinunciato alla sua individualità solo per potersene lamentare.
Non mancano momenti brillanti che ricordano quelli della commedia, come la scena dell'assistente sociale nominata dal tribunale che deve valutare il comportamento di Charlie nei confronti del figlio: una donna talmente rigida e scollegata dalla realtà da ammettere di non osservare mai le coppie sposate, ma che si trova invece ad assistere a un incidente di Charlie davvero bizzarro.
Bergman, Allen e altri omaggi. Nel film viene palesemente citato Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, ma oltre al rigore svedese troviamo anche evidenti tocchi di Woody Allen e della tendenza alla nevrosi logorroica: del resto Alan Alda era in Crimini e misfatti, mentre Scarlett Johansson ha recitato in più film di Allen. Ma si possono citare anche molte altre pellicole, da Come eravamo a Kramer contro Kramer. I molti riferimenti non tolgono nulla al valore del lavoro di Baumbach, dalla sceneggiatura estremamente realistica: questo film dimostra che le relazioni, e le persone che le intrattengono, non sono sempre buone o cattive.
La performance attoriale. Scarlett Johansson è molto brava (incredibile in particolare un momento nel quale scoppia a piangere), ma in alcune scene c'è il dubbio che non venga diretta al meglio (è il caso di alcune battute che dovrebbero essere brillanti), come se non riuscisse a liberarsi dalla recitazione tipica dei film a tema supereroistico dal budget stellare. Adam Driver si sente evidentemente a suo agio in un dramma indipendente come questo, e lo dimostra dalla prima all'ultima scena: è a dir poco straordinario.
Geometrie e chiusure. Il posizionamento nello spazio di Charlie e Nicole viene scrupolosamente studiato a ogni inquadratura ed è significativa l'immagine del cancello che si chiude a separare i loro due mondi. Del resto, la polarizzazione porta la ex coppia a vivere sulle due coste americane, separate non solo da migliaia di chilometri ma da profonde differenze culturali e di immaginario (e qui sbuca di nuovo Allen).
Autobiografie. Se ne Il calamaro e la balena Baumbach riproponeva i suoi ricordi di figlio, narrando il divorzio dei genitori, qui il regista si ispira alla sua stessa esperienza di regista e padre (divorziato dall'attrice Jennifer Jason Leigh). In realtà Baumbach ha negato ogni riferimento autobiografico, ma le coincidenze sono davvero numerose.
Le metafore. Grande spazio viene lasciato al teatro che diventa lo specchio della vita di una donna che non si riconosce più; ma è altrettanto teatrale la lite processuale, che mette in scena la contraddizione tra l’essere e il comportarsi di Charlie e Nicole: la guerra è guerra. La sensazione dell'uomo di essere alienato da suo figlio è invece comunicata con i costumi di Halloween che egli indossa nel film: il primo anno è l'uomo invisibile, il secondo un fantasma.
Curiosità. Secondo Brian Tallerico, critico del sito che raccoglie i contributi dei collaboratori di Roger Ebert, che dà al film 4 stelle, "Il divorzio è descritto nella magistrale Storia di un matrimonio di Noah Baumbach come una morte senza corpo. (...) Alcuni sceglieranno da che parte stare, ma credo fermamente che il film funzioni meglio se non lo fai, se riesci a vedere il bene e il male sia in Nicole che in Charlie."
In conclusione, si tratta di un film che suscita grande emozione ed è scritto, diretto e recitato in modo eccelso. Laura Dern, protagonista del monologo che ho riportato in apertura, ha vinto l'Oscar per la miglior attrice non protagonista.
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