Il grande inquisitore (The Witchfinder General) di Michael Reeves (1968)

Mark Gatiss e il revival del Folk Horror

Con la seconda puntata del suo personalissimo documentario A History of Horror, realizzato per la BBC nel 2010, l'attore e autore Mark Gatiss ha contribuito al revival del sottogenere cinematografico "Folk Horror", i cui tratti distintivi sono l'ambientazione nella campagna (in particolare quella britannica) e l'attenzione al paganesimo, alla superstizione e al folklore.

Secondo Gatiss, i pilastri del filone sono rappresentati da Il grande inquisitore (The Witchfinder General) di Michael Reeves (1968), il suo preferito nonché meno conosciuto La pelle di Satana (Blood on Satan's Claw) di Piers Haggard (1971), che Gatiss ha intervistato per il documentario, e The Wicker Man di Robin Hardy (1973).

Oggi voglio parlarvi del primo dei tre.

Il grande inquisitore. Tra avanguardia e scontro di personalità

Witchfinder General prende spunto dall'omonimo romanzo di Ronald Bassett ambientato nel Seicento durante la guerra civile inglese, quando Matthew Hopkins, avvocato autoproclamatosi Generale dei Cacciatori di Streghe, approfittando delle battaglie tra re e Parlamento, viaggiava attraverso l'Anglia orientale accusando chiunque di crimini satanici e ricorrendo alla tortura. Secondo alcune fonti, Hopkins sarebbe stato responsabile della morte di più di 300 donne.

Nel film, la vicenda di Hopkins e del suo spietato collaboratore John Stearne (Robert Russell) si incrocia con quella di un capitano dell'esercito di Cromwell: Richard Marshall (Ian Ogilvy, che aveva esordito in un lungometraggio proprio con Reeves nel suo primo film Il lago di Satana e presente anche nel successivo Il killer di Satana), che chiede a John Lowes (Rupert Davies, anche in La rossa maschera del terrore) la mano della nipote Sara (Hilary Dwyer, qui al suo esordio, che lavorerà ancora con Price in La rossa maschera del terrore e Satana in corpo).

In seguito Marshall lascia la città, dando indicazioni proprio a Hopkins e Stearne per raggiungerla. I due sadici si mettono subito al lavoro per eliminare le streghe, facendo ricorso alla tortura; quando i loro crimini coinvolgono Sara e lo zio, Marshall giura di uccidere i due uomini.

Coproduzione di Tigon British Film Productions e American International Pictures (che per il mercato statunitense ribattezzò il film The Conqueror Worm, titolo di una poesia di Edgar Allan Poe letta da Price nei titoli di coda per collegare il film al ciclo tratto da Poe), fu AIP a imporre Vincent Price per il ruolo di Hopkins.


Molto è stato scritto sul rapporto apocalittico tra Reeves e Price sul set del film. Reeves aveva infatti pensato la parte per Donald Pleasance, immaginando un'interpretazione fredda e distaccata, che ricordasse quella di un gerarca nazista. Il regista rifiutò perfino di attendere Price all'aeroporto, e non mancò mai di sottolineare all'attore che gli era stato imposto e che ne detestava la recitazione gigionesca.

Price ha dunque dovuto lavorare per sottrazione, eppure (o proprio per questo) ha regalato qui una delle sue migliori performance. La direzione di Reeves è stata infatti in grado di trasformare l'attore nella quintessenza della malvagità, eliminandone qualunque traccia di umanità e di pietà per renderlo un mostro. All'uscita del film, Price scrisse una lunga lettera a Reeves per elogiarne il risultato. Dopo la morte del regista, l'attore si rammaricò di non essere stato maggiormente collaborativo.

Il Male assoluto e l'eredità di Michael Reeves

Il grande inquisitore inizia con le grida di una donna (una presunta strega trascinata al patibolo) e finisce con quelle di un'altra. È davvero un film cattivissimo, tanto che le scene di sadismo all'epoca costarono grossi tagli alla pellicola, soprattutto nel Regno Unito. Le urla ricorrono anche all'interno dell'opera, che mostra torture, roghi e combattimenti. La visione pessimista di Reeves (che co-sceneggia con Tom Baker e Louis M. Heyward) è evidente: il Male e il Potere sono strettamente connessi e la malvagità e l'egoismo fanno parte dell'essere umano.

Michael Reeves morì poco dopo la realizzazione del film, a causa di un mix di alcool e barbiturici, a soli 25 anni, lasciando una forte impronta culturale che si concretizzò in ambito musicale (la band Cathedral gli ha dedicato un brano, il gruppo Witchfinder General addirittura il nome) e letterario, oltre che cinematografico.

Oltre a essere riconosciuto come primo esempio di Folk Horror, Il grande inquisitore ha infatti portato al secondo ciclo di film AIP su Poe iniziato con La rossa maschera del terrore (che doveva essere diretto proprio da Reeves) e ha sicuramente aperto la strada ad altri film horror legati all'inquisizione (La tortura delle vergini, Il trono di fuoco) e al filone del dramma religioso horror (I diavoli di Ken Russell).

In conclusione, un film da vedere assolutamente: non solo se come me siete fan di Vincent Price o del Folk Horror, ma perché Michael Reeves aveva grandi capacità e, per quanto il film non sia un trattato storico sulla stregoneria, rende benissimo l'idea che il sonno della ragione genera mostri. Per quanto mi riguarda, lo prendo come un monito per non abbassare mai la guardia sui diritti che non sono mai da dare per scontati.

Bibliografia

Sul tema Folk Horror, una panoramica di altre produzioni meno conosciute e le radici letterarie del filone, consiglio la lettura dell'articolo di Davide Mana Primi passi nel Folk Horror.
Sull'opera di Michael Reeves, suggerisco la monografia di Matteo Zucchi su Ondacinema.
Su Witchfinder General nello specifico, una recensione particolarmente approfondita (in inglese) è quella di Quentin Turnour di Senses of Cinema.

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