The Menu di Mark Mylod. Conversazioni di cinema. Con Marco e Barbara
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Voglio soffermarmi su alcuni dettagli di questo film. Innanzitutto, l'isola. Se pensiamo ai film dell'orrore e ai classici film di fantascienza troviamo spesso isole misteriose dove avvengono chissà quali esperimenti che poi danno vita a creature mostruose oppure nascondono camere delle torture; ecco, in questo caso abbiamo una commistione di generi diversi, come ricordava anche Barbara non è solo una commedia nera ma troviamo il thriller e direi che andiamo oltre.
Pur non essendo un horror - non c'è molto splatter in The Menu - c'è una costante atmosfera di mistero e di cospirazione costruita attraverso interpretazioni secondo me davvero azzeccate anche da parte dei comprimari - perché c'è tutto lo staff del ristorante che gioca una parte intrigante - e ci vedo anche alcuni tratti tipici dello slasher.
Perché è vero che già dopo poco capiamo che si tratta di un ristorante molto particolare con uno chef bizzarro e che succederà qualcosa di straordinario, ma fino all'ultimo non sappiamo esattamente come si svolgerà la serata, cioè che cosa ci riserva il menù; questa secondo me è la particolarità del film, che secondo me funziona proprio perché tiene alta la tensione. Anche il finale secondo me è ben studiato e calibrato perché, a parte ovviamente l'interpretazione di Anya Taylor-Joy che è molto azzeccata secondo me in questa parte - e poi Ralph Fiennes: come diceva Barbara questo è proprio il suo ruolo - lascia molteplici impressioni e stupisce, cosa piuttosto rara nel cinema di oggi.
E quindi, anch'io The Menu l'ho trovato gradevole; forse non sempre ben calibrato nelle sue parti, però era abbastanza difficile riuscire a equilibrare al meglio tutte le componenti.
Dicevo dell'isola perché mi ha ricordato in particolare alcuni film di zombie dove questa è l'ambiente principale; e qui mi ricollego a un altro aspetto di The Menu che mi ha incuriosito: si tratta di uno dei comprimari, non uno dei protagonisti principali ma un personaggio che anche a me è piaciuto molto, l'attore che vive costantemente dei fasti del passato, non accetta la parabola discendente - e probabilmente anche di essere stato sempre un attore mediocre - interpretato da John Leguizamo, attore colombiano che ho trovato anche in altri film che curiosamente parlano sempre di una volontà di arraffare il più possibile, di avere più soldi o comunque interpreta spesso personaggi che hanno a che fare con l'avidità di denaro e di potere.
In particolare me lo ricordo in un film di zombie di Romero, La terra dei morti viventi, dove c'era un personaggio che aveva radunato tutta la popolazione sopravvissuta in un'isola dove poter vivere al riparo e Leguizamo interpretava un personaggio ambiguo che si riscattava nel finale, diciamo così in un'altra forma; e poi l'ho visto sempre di recente al cinema nel divertente Una notte violenta e silenziosa, dove interpreta il capo dei criminali che vuole appropriarsi dei soldi nascosti dalla padrona di casa. Quindi mi è rimasta impressa questa coincidenza: sembra quasi che prediliga ruoli un po' sgradevoli dove si ha sempre a che fare con il Dio Denaro.
Ecco perché The Menu mi sembra interessante come film di cui parlare proprio sotto Natale: anche perché i vari personaggi - per i quali va detto non proviamo assolutamente pena perché sono tutti abbastanza sgradevoli, a parte ovviamente la protagonista che si distingue per intelligenza e per una personalità decisamente più spiccata della media - giocano tutti a fare gli sbruffoni e a sbattere in faccia il proprio potere, i propri soldi, la propria posizione. Secondo me uno dei messaggi del film è proprio questo, che il potere e i soldi non comprano la felicità e non garantiscono per forza di cose di diventare piacevoli e simpatici agli occhi del prossimo.
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Mi è venuto in mente che proprio un famosissimo chef "star" in questi giorni si è reso protagonista di un episodio molto attinente al discorso del potere schiaffato in faccia al prossimo: ai mondiali questo famoso chef si è imbucato facendo qualcosa che molto probabilmente non aveva il diritto di fare; e The Menu secondo me è sia una critica a certi chef stellati che poi appunto perdono di vista quella che dovrebbe essere la gioia primaria, quella di mangiare; ma potrebbe essere anche una critica a una certa arte contemporanea e alla ricerca spasmodica di come attirare l'attenzione senza però realmente creare qualcosa, che è un po' quello che accade con la cucina-non cucina, perché mangiare l'accompagnamento senza pane è chiaro che è una provocazione. Ovviamente poi volendo c'è anche il discorso del metacinema, del cinema che cannibalizza se stesso; insomma, The Menu offre davvero tantissimi livelli di lettura possibili e anche se al suo interno probabilmente non c'è veramente nulla di nuovo forse la sua originalità consiste nel proporre questi messaggi tutti insieme.
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Mi è venuto in mente che proprio un famosissimo chef "star" in questi giorni si è reso protagonista di un episodio molto attinente al discorso del potere schiaffato in faccia al prossimo: ai mondiali questo famoso chef si è imbucato facendo qualcosa che molto probabilmente non aveva il diritto di fare; e The Menu secondo me è sia una critica a certi chef stellati che poi appunto perdono di vista quella che dovrebbe essere la gioia primaria, quella di mangiare; ma potrebbe essere anche una critica a una certa arte contemporanea e alla ricerca spasmodica di come attirare l'attenzione senza però realmente creare qualcosa, che è un po' quello che accade con la cucina-non cucina, perché mangiare l'accompagnamento senza pane è chiaro che è una provocazione. Ovviamente poi volendo c'è anche il discorso del metacinema, del cinema che cannibalizza se stesso; insomma, The Menu offre davvero tantissimi livelli di lettura possibili e anche se al suo interno probabilmente non c'è veramente nulla di nuovo forse la sua originalità consiste nel proporre questi messaggi tutti insieme.
Come sempre, la chiacchierata integrale che comprende gli interventi di Marco e Barbara è su YouTube:
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