Beau ha paura, di Ari Aster. Conversazioni di cinema con Barbara e Marco Di Napoli

Quando le persone approcciano un film particolare come Beau ha paura chiedono (e si chiedono): ti/mi è piaciuto? Ve lo dirò alla fine. Prima cercherò di tratteggiare la trama, per quanto possibile.

Beau è un uomo depresso e paranoico che frequenta un inquietante psicoterapeuta a cui parla spesso del difficile rapporto con la madre, vive in un quartiere pieno di persone folli e criminali ed è terrorizzato dalla morte. All’idea di morire in caso di assunzione di psicofarmaci senza acqua, si reca al negozio di fronte ma resta chiuso fuori casa mentre l’intera città di disagiati e squilibrati entra nel suo appartamento e lo devasta. Al rientro, Beau scopre che la madre è morta e si fa un bagno ma viene letteralmente preso in pieno da un uomo attaccato al soffitto (!)

Beau scappa completamente nudo rischiando di farsi uccidere dalla polizia, viene investito e poi ferito da un pazzo. Soccorso da una coppia, quando si riprende spiega che deve recarsi al funerale della madre ma i coniugi, che hanno il culto del figlio morto, lo trattengono. La figlia adolescente della coppia, una ragazza anch’essa parecchio squilibrata, si toglie la vita e la madre incolpa Beau, ordinando a un altro folle, il commilitone del figlio ospite della famiglia, di ucciderlo. Beau fugge e si ritrova in un bosco dove assiste a un sogno-spettacolo in cui rivive alcuni elementi della sua vita, ma accade nuovamente qualcosa di inatteso che lo rimette in cammino verso la madre ma soprattutto verso una serie di rivelazioni sulla sua vita e sulla sua famiglia…

Il film inizia già in modo cervellotico, con una discesa nella paranoia e con una home invasion, ma col procedere diventa ancora più pazzesco ed esagerato. Avevamo già parlato di film cervellotici: in particolare Madre! di Aronofsky, con cui ha in comune la home invasion e la figura centrale della madre.

Joaquin Phoenix è molto bravo a calarsi in una parte tanto complessa. Avevamo inaugurato le conversazioni di cinema proprio con Joker, e in seguito abbiamo parlato anche di Her. In Beau abbiamo elementi in comune con i personaggi di entrambi: il film di Aster è un viaggio nella paranoia, come Joker lo era nella schizofrenia; ma anche il ruolo interpretato in Her non era quello di un uomo del tutto risolto psicologicamente.

E avevamo già parlato degli altri lungometraggi di Ari Aster: Hereditary e Midsommar. All’apparenza, Beau non ha molto in comune con i film precedenti, sicuramente né la vicenda né il genere: qui l’horror viene quasi eliminato per puntare su una tragicommedia grottesca. Tuttavia, a parte uno stile riconoscibile, un altro elemento condiviso dai vari film di Aster è un modo molto negativo di vedere il sesso e la famiglia. Anche il suo cortometraggio d’esordio, The strange thing about the Johnsons, era incentrato sull’abuso all’interno di una famiglia; in Hereditary si celebrava un culto a preponderanza femminile che prevedeva il possesso di un corpo maschile; mentre in Midsommar i rituali ruotavano attorno al concetto di fertilità.

Ma non c’è nulla di erotico nei film di Aster. Il rapporto col sesso in Beau è qualcosa di tremendo, a partire dalla maledizione degli uomini di famiglia, poi l’immagine del padre che entra di diritto negli annali del trash, e naturalmente il rapporto con la madre: quella di Beau, interpretata da Patty LuPone, è una madre forte che ricorda in parte la Toni Collette di Hereditary. Ma quella di Beau è la peggiore delle madri: bugiarda, morbosa, manipolatrice, fino ad arrivare alla scena finale, tanto criticata, che per quanto mi riguarda poteva essere questa o un’altra completamente diversa e non avrebbe fatto differenza in un film totalmente folle come Beau ha paura.

Tornando alla domanda iniziale: mi è piaciuto? Non ho mai amato dare voti, preferisco pensare a un film come a qualcosa “da vedere” o “trascurabile”, e trovo che Beau rientri tra i primi. Non è una storia di formazione, non è un film on the road puro, non è facilissimo da seguire né da categorizzare (tragicommedia grottesca credo sia la definizione più semplice) e probabilmente non piacerà a chi ama film leggeri, molto lineari e dalla durata massima di 90 minuti, ma chi apprezza i film folli, bizzarri, trash, grotteschi, psicologici e non si fa spaventare dalla durata potrebbe trovarlo interessante.

(…)

Sì, come diceva Barbara le analogie con Hereditary sono molte: non a caso anch’io ho precisato che Beau sembra completamente diverso dai precedenti solo all’apparenza. Per riallacciarmi al discorso di Marco: tra le analogie con Hereditary penso alla famosa scena del padre che prende fuoco; il padre di Beau rispetto alla madre viene meno così come in Hereditary quella del padre era una figura molto più debole. Anche l’orrore dei film precedenti era grottesco e a tratti comico. Un altro punto in comune è il teatro: in Midsommar c’era lo psicodramma mentre in Beau ci sono il sogno-spettacolo e il processo finale, che rendono il film una prova cinematografica di teatro dell’assurdo. Nonostante i numerosi riferimenti anche autoreferenziali lo trovo un film speciale, per riassegnare al termine abusato il suo significato più genuino.

Come sempre, la chiacchierata integrale è su YouTube:



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