La casa di Fede Álvarez: l'orrore dentro
Mi aggancio al discorso di Marco e parto subito con il concetto di casa che dovrebbe essere un luogo di rifugio, un luogo sicuro. In realtà le parole di Marco mi hanno fatto ricordare che avevo letto le parole di un autore, che adesso non ricordo, che paragonava invece la casa alla morte. Del resto non importa neanche tanto ricordarsi l’autore perché si tratta di una tematica ricorrente nella letteratura: penso anche a John Donne che faceva un parallelo tra il letto come luogo sia di riposo, sia di amore ma allo stesso tempo certi riferimenti facevano pensare alla morte: quindi è una tematica vecchia come l'umanità .
Nelle nostre chiacchierate abbiamo già parlato di case: come ricordava Marco, in Parasite c'è una casa con i nascondigli e di case di questo tipo ce ne sono tantissime nel cinema: mi viene in mente ad esempio La casa nera di Wes Craven, autore che amo molto. E abbiamo parlato di Babadook, dove ci sono mamma e figlio che si barricano in casa: c'è un concetto di casa bunker, una casa dove murarsi vivi; anche qui gli esempi nel cinema sono tantissimi*. E poi sempre parlando di case abbiamo parlato di Hereditary, dove addirittura abbiamo, oltre a una casa dove si svolge la maggior parte degli accadimenti, una Toni Collette che costruisce modellini di abitazioni: una casa dentro la casa.
Ci sarebbe davvero tantissimo da dire se pensiamo alle decine, centinaia di film dove ci sono case stregate o infestate: sarebbe impossibile citarli tutti. Ricordo che un portale statunitense lanciato qualche anno fa dava la possibilità ai potenziali acquirenti delle case di sapere chi ci era morto dentro e aveva fatto un boom di registrazioni; evidentemente sono tematiche che, magari anche coadiuvate dai film dell'orrore che più volte hanno mostrato le case infestate, fanno una certa presa sulle persone.
Veniamo nello specifico a questo film, La Casa di Fede Álvarez del 2013, che è un remake a dir poco epocale. Secondo me il regista uruguaiano ha evitato di prendere un'eredità scomoda e quindi non lo chiamerei tanto remake quanto un reboot, perché credo che Álvarez avesse ben chiaro che sarebbe stato impossibile paragonarsi all'originale. Evil dead del 1981 di Sam Raimi, pur tra mille critiche (ho letto articoli dell'epoca che lo definivano un film stupido pieno di sangue inutile, per decerebrati) è indubbiamente stato un film che ha cambiato il modo di fare horror. Come diceva Marco, con un budget irrisorio, pochissimi personaggi, una casa un bosco un demone una maledizione un libro un registratore e la natura che prende vita: pochissimi elementi e pochissimi soldi, eppure è diventato un cult assoluto.
Álvarez quindi, senza voler competere con l'ingombrante originale, propone (co-sceneggia insieme a Diablo Cody) un ammodernamento del soggetto e ci racconta la storia di una ragazza tossicodipendente e la sua ricerca di una nuova serenità, una nuova stabilità; è fortissimo anche il legame con il fratello, che è un personaggio molto importante nel film. Però, come sempre accade, il male è in agguato…
Ovviamente il film potrebbe essere visto anche come una metafora della tossicodipendenza della ragazza che torna a perseguitarla, quindi ciò che vediamo potrebbe essere frutto di un'esperienza mediata dall’effetto della droga e della successiva rinascita: dover affrontare l'inferno che si ha dentro e poi risputare di nuovo fuori il demone; una sorta di viaggio nelle viscere di se stessi.
Parlando poi del film nel suo stile, secondo me Álvarez, qui al suo esordio con un lungometraggio, comunque riesce a dare una sua impronta, a mostrare una certa identità. Lo splatter regna sovrano: anche nell'originale sicuramente c'erano delle scene abbastanza sanguinose, ma qui le uccisioni sono particolarmente truculente, nella migliore tradizione del gore. Tra l'altro questo aspetto mi permette di dire che per me la nota stonata di questo film sono proprio gli effetti speciali: anche se il regista ha giurato che non è stato fatto un largo uso del digitale, quello che si vede secondo me è anche troppo perché è comunque troppo evidente e toglie un po' di freschezza alla pellicola. Però si tratta di un film che tiene molto alta la tensione ed è evidente che ci sono un sacco di riferimenti ad altre pellicole epocali del cinema horror: mi vengono in mente soprattutto L'esorcista e Frankenstein solo per citarne due, ma credo che l'intento fosse anche, in qualche modo, omaggiare il cinema horror più classico.
Bruce Campbell, che era il protagonista Ash nel primo La Casa, qui è in veste di produttore (insieme a Raimi e Robert Tapert, regista e produttore del primo Evil Dead) e fa un simpaticissimo cameo. L’attrice protagonista, Jane Levy, secondo me è molto brava. Álvarez l'ho apprezzato moltissimo nel successivo Man in the dark del 2016. Per concludere: a me questo remake/reboot è piaciuto, non lo considero un capolavoro ma secondo me è un buon film che offre un aggiornamento della tematica rispetto alla pellicola del 1981 e sicuramente intrattiene; ovviamente deve piacere lo splatter.
(...)
Per quanto riguarda il poster e la polemica ricordata da Marco, se non ricordo male il poster era di Enzo Sciotti, morto tra l'altro non molto tempo fa, che era un grandissimo artista. In realtà gli autori dei poster non vedevano i film che andavano a immaginare nelle loro creazioni, quindi andavano un po' di fantasia; ecco spiegato perché poi la casa non corrispondeva a quella del film. Inoltre, il discorso di Marco su Shining mi ha fatto venire in mente un altro film meno conosciuto che si intitola La casa che grondava sangue: il tipico film anni ‘70 a episodi, che ho trovato molto bello. La prima storia ha come protagonista Denholm Elliott (attore che è poi diventato famoso soprattutto nella serie di Indiana Jones e poi come mitico maggiordomo di Una poltrona per due) e anticipa un po' la tematica che ritroveremo proprio in Shining; del resto il soggetto era di Robert Bloch, che non era proprio "l'ultimo arrivato".
* Ad esempio, qui avevo parlato di 10, Cloverfield Lane.
Nelle nostre chiacchierate abbiamo già parlato di case: come ricordava Marco, in Parasite c'è una casa con i nascondigli e di case di questo tipo ce ne sono tantissime nel cinema: mi viene in mente ad esempio La casa nera di Wes Craven, autore che amo molto. E abbiamo parlato di Babadook, dove ci sono mamma e figlio che si barricano in casa: c'è un concetto di casa bunker, una casa dove murarsi vivi; anche qui gli esempi nel cinema sono tantissimi*. E poi sempre parlando di case abbiamo parlato di Hereditary, dove addirittura abbiamo, oltre a una casa dove si svolge la maggior parte degli accadimenti, una Toni Collette che costruisce modellini di abitazioni: una casa dentro la casa.
Ci sarebbe davvero tantissimo da dire se pensiamo alle decine, centinaia di film dove ci sono case stregate o infestate: sarebbe impossibile citarli tutti. Ricordo che un portale statunitense lanciato qualche anno fa dava la possibilità ai potenziali acquirenti delle case di sapere chi ci era morto dentro e aveva fatto un boom di registrazioni; evidentemente sono tematiche che, magari anche coadiuvate dai film dell'orrore che più volte hanno mostrato le case infestate, fanno una certa presa sulle persone.
Veniamo nello specifico a questo film, La Casa di Fede Álvarez del 2013, che è un remake a dir poco epocale. Secondo me il regista uruguaiano ha evitato di prendere un'eredità scomoda e quindi non lo chiamerei tanto remake quanto un reboot, perché credo che Álvarez avesse ben chiaro che sarebbe stato impossibile paragonarsi all'originale. Evil dead del 1981 di Sam Raimi, pur tra mille critiche (ho letto articoli dell'epoca che lo definivano un film stupido pieno di sangue inutile, per decerebrati) è indubbiamente stato un film che ha cambiato il modo di fare horror. Come diceva Marco, con un budget irrisorio, pochissimi personaggi, una casa un bosco un demone una maledizione un libro un registratore e la natura che prende vita: pochissimi elementi e pochissimi soldi, eppure è diventato un cult assoluto.
Álvarez quindi, senza voler competere con l'ingombrante originale, propone (co-sceneggia insieme a Diablo Cody) un ammodernamento del soggetto e ci racconta la storia di una ragazza tossicodipendente e la sua ricerca di una nuova serenità, una nuova stabilità; è fortissimo anche il legame con il fratello, che è un personaggio molto importante nel film. Però, come sempre accade, il male è in agguato…
Ovviamente il film potrebbe essere visto anche come una metafora della tossicodipendenza della ragazza che torna a perseguitarla, quindi ciò che vediamo potrebbe essere frutto di un'esperienza mediata dall’effetto della droga e della successiva rinascita: dover affrontare l'inferno che si ha dentro e poi risputare di nuovo fuori il demone; una sorta di viaggio nelle viscere di se stessi.
Parlando poi del film nel suo stile, secondo me Álvarez, qui al suo esordio con un lungometraggio, comunque riesce a dare una sua impronta, a mostrare una certa identità. Lo splatter regna sovrano: anche nell'originale sicuramente c'erano delle scene abbastanza sanguinose, ma qui le uccisioni sono particolarmente truculente, nella migliore tradizione del gore. Tra l'altro questo aspetto mi permette di dire che per me la nota stonata di questo film sono proprio gli effetti speciali: anche se il regista ha giurato che non è stato fatto un largo uso del digitale, quello che si vede secondo me è anche troppo perché è comunque troppo evidente e toglie un po' di freschezza alla pellicola. Però si tratta di un film che tiene molto alta la tensione ed è evidente che ci sono un sacco di riferimenti ad altre pellicole epocali del cinema horror: mi vengono in mente soprattutto L'esorcista e Frankenstein solo per citarne due, ma credo che l'intento fosse anche, in qualche modo, omaggiare il cinema horror più classico.
Bruce Campbell, che era il protagonista Ash nel primo La Casa, qui è in veste di produttore (insieme a Raimi e Robert Tapert, regista e produttore del primo Evil Dead) e fa un simpaticissimo cameo. L’attrice protagonista, Jane Levy, secondo me è molto brava. Álvarez l'ho apprezzato moltissimo nel successivo Man in the dark del 2016. Per concludere: a me questo remake/reboot è piaciuto, non lo considero un capolavoro ma secondo me è un buon film che offre un aggiornamento della tematica rispetto alla pellicola del 1981 e sicuramente intrattiene; ovviamente deve piacere lo splatter.
(...)
Per quanto riguarda il poster e la polemica ricordata da Marco, se non ricordo male il poster era di Enzo Sciotti, morto tra l'altro non molto tempo fa, che era un grandissimo artista. In realtà gli autori dei poster non vedevano i film che andavano a immaginare nelle loro creazioni, quindi andavano un po' di fantasia; ecco spiegato perché poi la casa non corrispondeva a quella del film. Inoltre, il discorso di Marco su Shining mi ha fatto venire in mente un altro film meno conosciuto che si intitola La casa che grondava sangue: il tipico film anni ‘70 a episodi, che ho trovato molto bello. La prima storia ha come protagonista Denholm Elliott (attore che è poi diventato famoso soprattutto nella serie di Indiana Jones e poi come mitico maggiordomo di Una poltrona per due) e anticipa un po' la tematica che ritroveremo proprio in Shining; del resto il soggetto era di Robert Bloch, che non era proprio "l'ultimo arrivato".
* Ad esempio, qui avevo parlato di 10, Cloverfield Lane.
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