Mandy, di Panos Cosmatos (2018). Conversazione con Barbara e Marco

Mandy non è un film per tutti i gusti: è particolare, bizzarro. (Il regista e co-sceneggiatore Panos Cosmatos è tra l'altro il figlio di George, che realizzò Leviathan, horror cult anni Ottanta. Tra i produttori di Mandy troviamo invece Elijah Wood). 

In Mandy, Nicolas Cage interpreta secondo me uno dei ruoli migliori della carriera nonché uno dei più eccentrici, ma del resto ci ha abituato così. Diciamo subito che come film in sé non è particolarmente originale, perché questo tipo di trama si è vista spesso: è a tutti gli effetti un revenge movie, ma le atmosfere oniriche, la tecnica e il suono lo rendono degno di nota.

La trama è molto semplice: siamo negli anni ‘80 e Nicolas Cage interpreta Red, un taglialegna che lavora in zone remote di montagna e abita con la sua fidanzata Mandy che è un’artista. La sua compagnia, lo vediamo, è ciò che potremmo definire la sua linfa vitale: il loro è un rapporto molto dolce, stretto e intimo.

Purtroppo Red non è il solo a interessarsi a Mandy (interpretata da Andrea Riseborough che trovo davvero molto brava, con un viso singolare e azzeccata per il ruolo): il leader di una setta mette gli occhi sulla ragazza perché si unisca alla sua banda di assassini e qui la mente va subito alla banda Manson, perché anche in Mandy abbiamo un gruppo di mezzi santoni fricchettoni. La banda attacca la coppia. La ragazza viene sequestrata e punta da un insettone sacro e anche Red viene preso in ostaggio. In seguito prende corpo una storia di vendetta, in quanto la tentata cooptazione di Mandy non va proprio come il santone si attende… Il film è diviso nettamente in due parti; la seconda è quella dedicata alla vendetta di Red che si mette sulle tracce della banda.

Mandy è stato interpretato in vari modi. Tra le critiche ce n’è una femminista che sottolinea la narrazione che vede la donna da vendicare come singolare e debole, quasi una figura borderline che viene dapprima intercettata da uomini malvagi e poi la sua perdita ossessiona a tal punto Red da fargli perdere completamente la testa. Nella seconda parte vediamo scene decisamente esagerate, come ci si aspetta da un film con Cage. Non mi soffermo troppo sugli accadimenti più bizzarri, tra i quali la scena con la motosega: se leggerete le recensioni, vedrete parecchi commenti a riguardo.

Quello che mi interessa maggiormente sottolineare di questo film è la scelta della tecnica e dell'effetto della grana della pellicola che è stato scelto per girare il film, tanto che il blogger Nerdwriter ha realizzato un video dedicato interamente alle caratteristiche visive, coloristiche ed estetiche di Mandy. Si tratta di una precisa scelta un po' retrò di Cosmatos che sottolinea che "nel presente, siccome il tempo non ha significato, scegliere un periodo per il proprio film è quasi come scegliere un colore". E infatti l'uso del colore in questo film è molto psichedelico, onirico, fa entrare in un'atmosfera di altri mondi. Tra l'altro il colore mi ha ricordato un film di fantascienza sempre interpretato da Nicolas Cage, Il colore venuto dallo spazio.

Un altro elemento che distingue il film da molti altri è il suono; addirittura un blogger ha sottolineato che il vero linguaggio di Mandy non sarebbero i dialoghi ma il suono (è stato realizzato un video su Mandy visto come un film concert), perché si viene avvolti in un’esperienza uditiva che non lascia tregua; è tutto un susseguirsi di suoni anche molto differenti tra di loro, ci sono parecchie variazioni nella colonna sonora, che è uno dei punti di forza del film e uno degli ultimi lavori del compositore Jóhann Jóhannsson (già autore della colonna sonora di Madre!) e non ha potuto essere candidata agli Oscar perché a quanto pare il film era stato distribuito prima di completare la corsa di qualificazione.

(...)

Come sempre, ci tengo a citare alcuni film a cui Mandy mi ha fatto pensare. Nella pellicola c'è una specie di banda di motociclisti cenobiti che ricorda un mix tra Mad Max e Hellraiser e poi, oltre alla dilatazione dei tempi della quale ha parlato Marco, a me anche l'uso del colore ha ricordato molto il cinema di Winding Refn. 

Per quanto riguarda le tematiche trattate (c’è un’attenzione all’occultismo; una setta new age di criminali dediti anche a uso di sostanze; un’attenzione al fantasy e alla magia anche da parte della stessa Mandy) e lo stile molto eccentrico, mi è venuto in mente Jodorowsky.

Un cenno al colore: il rosso che si vede soprattutto in certe scene, ad esempio quando Jeremiah guarda Mandy vediamo tutto rosso; simili accorgimenti rendono il film ancora più avvolgente, inquietante e ci rendono partecipi dall'ossessione che Red ha per Mandy. 

La stessa Mandy è un personaggio particolare che purtroppo non viene sviluppato molto ma viene lasciato alla suggestione; anche della sua cicatrice non viene spiegato tutto, sappiamo che ha avuto comunque un trauma nel passato, probabilmente legato al padre: ecco, sono tutti dettagli che da una parte è quasi un peccato non vengano approfonditi di più, ma dall'altra ci permettono di immaginare, di viaggiare con la fantasia.

Come sempre, la chiacchierata integrale è su YouTube (finalmente con i capitoli!):



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