Enemy, di Denis Villeneuve. Conversazioni di cinema con Marco Di Napoli e Barbara

Premessa: a me, Enemy non convince del tutto. (E Villeneuve mi piace. Come ricordava Marco, avevamo già parlato di un film di Denis Villeneuve quando è uscito Dune: qui la recensione).

Nel caso di Enemy (la sceneggiatura non è di Villeneuve ma di Xavier Gullon) sono andata a leggermi il libro dal quale è tratto, cioè L’uomo duplicato di José Saramago. L’ho fatto perché volevo capire se nel libro avrei trovato qualcosa che nel film non ero riuscita ad afferrare, ed effettivamente nel testo si trovano altri dettagli che non ero riuscita a percepire alla prima visione. (In realtà guardando il film una seconda volta ho capito molte più cose rispetto alla prima.) Dico questo nonostante io sia consapevole, come dice Marco, che libro e film sono linguaggi completamente diversi (e non voglio tediarvi con la solita citazione di Otto Preminger che sosteneva la stessa cosa, se volete la trovate in calce alla recensione di Dune riportata nel link qui sopra). Ciononostante, come ricordava Barbara, quello di Saramago è un libro dove il doppio viene scoperto proprio attraverso un film e quindi è nel romanzo stesso che c'è questa connessione tra i due mondi, pertanto non ritengo inusitato voler andare a scavare nel testo.

Dal punto di vista estetico, per quanto mi riguarda in Enemy non c’è nulla che non vada e le interpretazioni sono di qualità davvero elevata: in particolare apprezzo molto Jake Gyllenhaal come attore, l'ho sempre apprezzato in tutti i suoi ruoli (avevamo già parlato di lui nella conversazione su Animali notturni).

Nelle recensioni emergono varie interpretazioni, in primis quella psicanalitica poiché il film può essere interpretato come una sorta di dimostrazione delle personalità che ciascun individuo può avere al suo interno. Enemy può essere visto anche in un'ottica di destino: le scelte che compiamo, dettate anche dalla società, ci formano e quindi assumiamo una forma che è completamente diversa da quella di un'altra persona: e questo assunto varrebbe anche qualora questa persona fosse completamente identica a noi nell’aspetto.

In tal senso c'è una cosa che ho notato: non so se sia casuale, ma la società che impone la forma dei due protagonisti è impersonata da donne, non solo c’è una madre (soffocante, come ricordava Barbara), ma ci sono anche due compagne e una ex moglie; mentre colui che fa aprire gli occhi ad Adam all'inizio del film, in un modo apparentemente casuale, è il collega di matematica - non mi ricordo neanche se viene citato per nome, tra l'altro - che è un uomo. D'altra parte in questo film c’è un aspetto abbastanza vomitevole che è quello dei due uomini che si scambiano i ruoli, causando una reazione molto diversa da parte delle rispettive compagne; e anche qui ci può essere un'ulteriore chiave di lettura, soprattutto legata a una delle due donne, che però non voglio svelare per non correre il rischio di spoilerare troppo.

Un altro elemento che mi ha colpito molto di questo film è il corpo che parla. I due protagonisti sono identici eppure ci sono alcuni dettagli che fanno scoprire la loro vera identità. C'è una scena in particolare, verso la fine del film, dove assistiamo alla presa di coscienza di Mary sulla reale identità dell'uomo che ha davanti che non è quello che dovrebbe essere; l'altro uomo è nella sua stessa situazione e noi ce ne rendiamo conto perché assume una certa postura, un atteggiamento timido e ritroso, ansioso, che lo fa incupire. Quindi, nonostante il loro aspetto identico, i due protagonisti hanno dettagli interiori che ne fanno modificare anche l'aspetto esteriore.

Un'altra cosa interessante che mi ha davvero colpita - e il libro in questo caso lo spiega molto bene - è che non è un caso che Adam sia un insegnante di storia, con la conoscenza (quella citata da Marco) legata ai fatti del passato - se ci soffermiamo a pensare a tutte le chiavi di interpretazione di questo film secondo me rischiamo davvero di perderci - e la storia (Storia) va a intersecarsi con la storia umana, la storia dell'individuo che come dicevo prima in base alle sue scelte prende una strada, assume una forma. E su tutto c'è la noia che incombe e che si rispecchia nell’atmosfera cupa della città: questo per ricollegarmi al discorso di Marco sul senso di costante inadeguatezza, insoddisfazione, noia che perseguita l'essere umano contemporaneo.

Davvero sono tantissime le chiavi di lettura in questo film. Quello che non mi ha convinto del tutto, nonostante la seconda visione e la lettura del libro, è che non voglio dire che Enemy sia troppo criptico, però secondo me non è facile cercare di sintetizzare tante possibili interpretazioni in modo da risultare comunque - non saprei come definire meglio il concetto - abbastanza coinvolgente. Insomma, trovo in Enemy dei momenti di… “noia”, per restare in tema.

(...)

In conclusione: non credo vi sia in Enemy una eccessiva densità; piuttosto è come se ci fosse - mia personalissima opinione ovviamente - come una difficoltà di realizzazione di un prodotto finale che sia sufficientemente esaustivo, ma con in più la volontà di rimanere comunque nel campo più onirico, più dubitativo - perché appunto come diceva Barbara non sappiamo esattamente che cosa sia reale, che cosa sia una interpretazione, che cosa sia immaginazione - e sono questioni che abbiamo già affrontato.

Parlando in generale di film abbastanza cervellotici o comunque aperti a varie interpretazioni - anche pensando al cinema di Lynch e altri autori - non è che ci sia per forza la necessità di capire tutto al 100%, anzi quando un film ci lascia pensare, ci lascia aperture a varie interpretazioni, beh è anche quello il fascino del cinema. Tuttavia, dal mio punto di vista è come se ci fossero momenti di “noia”: avrei preferito probabilmente un diverso ritmo, un prodotto differente, insomma Enemy non mi convince totalmente neanche dopo la seconda visione.

La conversazione integrale è su YouTube:




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